Martedì 26 Luglio 2011 CULTURA Pagina 39
LINGUA. Le cronache recenti portano alla ribalta un problema antico, del resto molto diffuso anche a parti invertiteIl magnate dal nome storpiato
Il tycoon dell'editoria diventa Màrdoc, mentre si dovrebbe dire Mê.doc. Del resto, anche gli anglofoni fanno svarioni con i nostri nomi e i francesi con tutti
Lo strazio delle pronunce inglesi si è acuito in questo scorcio d'estate. Oltre a rivelare le bassezze del suo impero giornalistico, tutte le TV - gli annunciatori in studio, ma anche i corrispondenti in loco - ci hanno ininterrottamente straziato le orecchie con la storpiatura del suo cognome, una vera tortura: sempre e dappertutto Màrdoc. Invece, secondo le regole, Murdoch si pronuncia Mê.doc, con una e chiusa e cupa, un po' alla francese, e la erre sfumata, quasi inesistente (qui e di seguito indicata dal punto fermo).
Chi può mai pensare che Churchill si pronunci Ciarcil e non Cê.cil? O dubita sulla pronuncia di nurse? Il grande attore e fine dicitore shakespeariano, oltre che cinematografico, due volte marito della bella Liz Taylo! r, Richard Burton, viene egualmente, chissà perché, chiamato Barton: una fissazione (anche lì si pronuncia Bê.ton). Idem per il frizzante Tony Curtis (Kê.tis, non Cartis), e per il magnifico compositore Henry Purcell (Pê.sel, semmai con l'accento sulla seconda): se lo pronuncio Pàrsel, corrisponde a parcel, pacco. Egualmente, il nome comune murder (assassinio) va pronunciato mê.da, non marder, quasi (scusate) come il nostro merda. Non so poi quale follia faccia diventare Eliot, Iliot, o Edward, Iduard (e infatti si sa che l'abbreviazione del nome è Ed, non Id).
Lo stesso succede ai Mondiali di calcio o alle partite di Champions League coi nomi dei calciatori britannici inesorabilmente storpiati dai supponenti cronisti televisivi anche quando si sente in sovrapposizione o in sottofondo la pronuncia corretta dei cronisti natii. Perché non ascoltarli o chiederglielo prima? Sembra quasi che alla TV ci si arroghi il diritto di! determinare la pronuncia dei nomi propri come vuole, alla fac! cia della tanto conclamata diversità.
QUANDO SACCHI ERA SACI. Perché non sembri un mio puntiglio o una mia insofferenza uditiva, è come se la BBC, per esempio - fatte le debite differenze sul piano istituzionale ed etico - pronunciasse il nome del nostro Presidente, per convinzione o per vezzo, Niapolitaino. Del resto, è rimasto celebre e fu uno spasso ai Mondiali di calcio americani che il nostro commissario tecnico Sacchi diventasse sempre Saci. Potere, anche lì, dell'autoconvinzione, o una licenza, diciamo, poetica?
E anche se i nomi propri e i cognomi riservano sorprese nella pronuncia, dovute all'usura dei suoni nei secoli, a cui non corrispondono modifiche della grafia (vedi Maugham pronunciato Môm), esistono dizionari della pronuncia, molti bilingui la indicano, e sull'inglese è bene sfatare una leggenda che a troppi sembra far comodo. Ha regole di pronuncia piuttosto precise - sì, precise - e da come si pron! uncia una parola dipende la sua grafia (e viceversa).
Se sento dire tim (con una i breve che sfuma in e) scriverò tim, se sento taim scriverò time (la e finale muta è di posizione, proprio per indicare il dittongamento della i); se sento tiim (con una i netta e appena più lunga) avrò il dubbio se scrivere team o teem, ma me lo risolverà il senso o il contesto della frase. Se sento la.k, sarà lark, l'allodola, se sento lê.k, sarà lurk, annidarsi. Purr (= pêr) è quello che fa il gatto, le fusa; par, detto e scritto così, è quello che sogna di fare ad ogni buca il golfista medio.
Ciò vale, si badi, per le vocali toniche, ossia accentate, che permettono di riconoscere la parola: le altre, quelle senza accento, si equivalgono e si confondono nella pronuncia, hanno un suono che è detto indistinto. E infatti shire (contea) si pronuncia shai(r) quand'è da solo, ma messo come suffisso ha la vocale ! indistinta: Yorkshire si pronuncia Yók.shi(r). Potrei fare altri e! sempi.
IL PROBLEMA DELL'ACCA. Altre note dolenti riguardano consonanti che noi ci ostiniamo a considerare inesistenti o equipariamo a vocali. Invece no, fanno un'enorme differenza. L'acca in inglese è una gutturale a pieno titolo, come la kappa o la g dura, e infatti corrisponde al c duro del latino o dell'italiano: head (caput), horn (corno), hide (cute). Allora, high è sempre meglio pronunciarlo come il glorioso nome del CAI, piuttosto che ài, come si dice quando ci pestano i piedi. Hook (uncino) si distingue pochissimo da cook (cuoco), horse (cavallo) da coarse (rozzo), hop (saltare) da cop (poliziotto). La pronuncia di Hudson - fiume di New York o nome dell'attore - si avvicina a quello di Casson, se pronunciato come fanno gli snob con l'accento sulla prima sillaba.
Se il nome dello stato americano Ohio lo pronuncio senza l'acca, forte quasi a togliere il fiato, è come se un inglese pronunciasse Liuria invece di Liguria, saltando la g dura in! termedia: chi lo capirebbe? E già che ci siamo, come l'inglese, e a differenza di altre nostre parlate, per fortuna il veneto distingue bene fra esse sonora (o dolce) e esse sorda. Se dico caso, è una cosa; se dico casso, senza la doppia, come fanno i veneti (scusate ancora), è ben altro. La confusione sarebbe nociva. Perciò, secondo le regole: se uno mi dice feizbuk (con la esse sonora o dolce) io devo scrivere phasebook; se lo pronuncia feisbuk (con la esse sorda) scriverò facebook: non c'è scampo, ma una parola significa fase, l'altra faccia.
MONOSILLABI. Come noi, l'inglese non pronuncia le doppie (tranne le poche dovute a prefissi o suffissi. dis-satisfaction). Kennedy si pronuncia Kenedy, con una enne sola, non con tre come fanno i nostri televisivi; il cognome Miller corrisponde a quello del nostro compianto Massimo Mila. Guai, inoltre, legare le parole inglesi fra loro come si fa in italiano (il tiggì): vanno anzi il più po! ssibile separate, con emissione di fiato ogni volta. Il più celebr! e verso inglese è una sequela di monosillabi (tranne l'ultimo) da separarsi nettamente fra loro: to / be / or / not / to / be: / this / is / the / question: sarebbe un disastro legarli assieme (tubbì ornot tubbì). Per converso, come ho scritto altrove, il più celebre verso italiano un inglese tende a pronunciarlo nelme-zodèl-camìn-dinòs-
Strazi di pronuncia, specie per i nomi propri, li fanno naturalmente anche le altre lingue, e non solo alla televisione. Ne abbiamo subiti dall'augusta e un po' decaduta BBC. I più incalliti e protervi, va detto, appaiono i francesi. A un convegno ho sentito pronunciare più volte Ghet - e solo alla fine ho capito che era Goethe. Melville è sempre Melvìlle. Scesp! 36;r, da come lo pronunciano, sembrerebbe nato in Francia, un autore francese tout court. Non si fa, no, proprio non si fa: i nomi hanno una certa sacralità, e oggi abbiano imparato a rispettarli, anche per le lingue più lontane.
CONTROBATTERE. L'unico modo di controbattere è ripagarli della stessa moneta. Cominciate a pronunciare, come ho fatto una volta Ràsin (per Racine), Flòbert (per Flaubert), Bòdler (per Baudelaire). Strabuzzeranno gli occhi, la costernazione sarà abissale - ma sarà un modo per far risaltare gli strazi di pronuncia che hanno tormentato le mie orecchie in questo scorcio d'estate, e non solo, e che in futuro sarà meglio evitare per il bene di tutti.
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